Remarks 86° - Il Natale in Azienda
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Il Natale in Azienda
con Luca Altimani
27 Dicembre 2021 | 03:03 Minuti
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Il Natale in Azienda.
Siamo davvero tutti più buoni?
A Natale siamo tutti più buoni, o almeno questo è il mantra che viene continuamente ripetuto anno dopo anno.
Magari lo saresti anche tu, ma stai andando in ufficio dopo 2 ore di traffico mentre sei in call con il 90% delle persone che fanno il tuo stesso lavoro, ma da casa. Perché in ufficio puoi avere anche l’albero di Natale più bello del mondo, ma è un po’ come andare al cesso. A casa tua sarà sempre meglio.
A questo punto, appena varcata la soglia dell’ufficio, il tuo “essere più buono” è già stato compromesso da una sveglia suonata troppo presto e rumori di clacson vari nel tragitto. Fai un respiro profondo, non importa, intravedi le ferie e il meritato riposo. D’altronde, è una tipica convinzione umana cercare di resistere e posticipare una felicità che, in realtà, si sposta sempre un passo più in là.
Ma questo lo sai bene, perché i mille libri di psicologia letti per capire cosa non va nella tua vita ti hanno dato un’infarinatura generale per riuscire a comprendere un minimo il tuo funzionamento, e a contenere i danni collaterali.
Mille libri di psicologia che vanno immediatamente in fumo non appena senti la parola “meeting”: tutti in riunione, alle 8.30 di mattina.
Ti chiedi come sia possibile che un essere umano riesca a comunicare qualcosa di simile ad un concetto alle 8.30 del mattino, ma lasci perdere, tanto alcune cose non le capirai mai davvero.
Il capo si presenta in sala riunioni distribuendo cappelli di Natale, perché è più buono anche lui, e non rinuncia a portare un po’ di sana atmosfera natalizia sul luogo di lavoro.
Tutti hanno addosso il cappello natalizio e il momento è magico e surreale, ma torni immediatamente nella realtà quando ti accorgi che in riunione manca Giulio, che è appena stato licenziato.
Vorresti avere un cervello normale, che ti suggerisce solo cose sane e pertinenti, e invece niente: ti chiedi se il capo abbia regalato a Giulio, invece del cappello natalizio, solo la barba di Babbo Natale, così che si alleni a portarla più lunga del dovuto mentre è a casa in disoccupazione.
Ti senti in colpa per il pensiero che hai appena avuto, poi infastidito, poi triste e finisci per avere un brivido lungo la schiena, che raccoglie tutte le emozioni precedenti per manifestarle prepotentemente a livello fisico.
Comunque, la riunione inizia.
Sta arrivando la fine dell’anno, quindi è tempo di bilanci: iniziano a comparire grafici di ogni forma e dimensione, schemi con numeri e dati, linee che salgono e scendono: queste ultime ti ricordano un po’ la tua vita, in cui si susseguono alti e bassi, e mai una volta che almeno una linea sia perfettamente orizzontale, equilibrata.
Sono passati appena 10 minuti da quando è iniziata la riunione ma a te sembrano 10 anni, guardi il tuo riflesso nello specchio del tavolo di vetro per vedere se nel frattempo la barba ti è cresciuta.
Poi speri che non ti sia cresciuta quanto quella di Giulio, che è stato licenziato a Natale: la tua parte razionale ti dice di non lamentarti, che la tua vita non è poi così male, e che sarebbe stato peggio se al posto di Giulio ci fossi stato tu.
Una voce fuori campo ti riporta nuovamente nella realtà a cui tenti continuamente di sfuggire.
Le parole che senti ti stregano subito: “La good news è che il next year saremo tutti più skillati e confident nei nuovi project, e avremo un atteggiamento disruptive ma resiliente”.
Il tuo primo pensiero non tarda ad arrivare: “Ma cosa cazz ha detto?!”
Poi inizi a riflettere attentamente e non capisci se lo abbia appena detto una persona in carne ed ossa oppure se i post di LinkedIn abbiano iniziato improvvisamente a parlare.
Purtroppo, era il tuo capo a parlare. Non lo capisci, un po’ lo odi ma gli riconosci almeno l’onestà intellettuale: non nasconde di aver ereditato l’azienda dal padre e non racconta che a 5 anni era una mietitrebbia e grazie al sudore e alla perseveranza ora ha 235 aziende.
Finalmente la riunione si conclude, baci e abbracci tra colleghi e finalmente è ora di tornare a casa, le vacanze sono ufficialmente iniziate.
Accendi l’albero di Natale, senti un profumo inebriante provenire dalla cucina e ti svacchi finalmente sul divano. Ti sembra di respirare di nuovo, sei a casa adesso.
Poi apri un secondo LinkedIn: Giulio, che era stato licenziato, ha appena fatto un post in cui spiega che ha segretamente lavorato per anni alla sua app che è appena stata lanciata e sta già fatturando cifre incredibili.
Una lacrima ti solca il viso, poi ripensi alle linee dei grafici che hai visto in riunione. Finalmente, la tua linea è perfettamente orizzontale, come la hai sempre desiderata. Ma è quella del tuo encefalogramma.
Il freddo, il gelo, il buio.
Poi il tuo cuore ricomincia timidamente a battere.
Tua moglie e tuo figlio entrano nella stanza, la temperatura corporea torna normale. Per un attimo sei lucido e consapevole.
Per un attimo non ti interessa essere come il tuo capo o come Giulio. Per un attimo, solo per un attimo, sei felice di essere esattamente chi sei.
E non esiste “skill” migliore di questa.
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